Caro Luca, questo me lo ha inviato il mio amico Matteo Bellegoni, sì, quello della foto con la carriola che appartiene alla sua famiglia da più di cento anni. È il primo commento che arriva, e perciò – sperando ne giungano altri – posso stabilire la regola, che è molto semplice: non commento; di più, prima pubblico quello che mi arriva e poi lo leggo. A presto.
Caro Vincenzo,
ho appena concluso di leggere il tuo libro, Novelle Artigiane, e mi è venuto da sorridere come fece Luigino pagando il conto del bar, dopo aver sciolto quel nodo della vita che ormai gli stava troppo stretto nell’anima.
Leggendo ho avuto la sensazione di un vecchio amico che ti prende sottobraccio lungo la strada e, senza invadenza, con gentilezza, ti racconta una storia, come quando ci andiamo a prendere un caffè, che poi altro non è che una scusa per “giocare” con i pensieri della vita.
E così caro Vincenzo leggere questo libro è stato un “gioco”.
Vederti nascosto dietro tutti quei personaggi da un senso profondo al fatto, come hai scritto, che dentro di noi ci siano molti uomini. Come Luigino ha dato vita a donna Sofia, a Jonas, a Mastro Giuseppe, tu hai dato vita agli innumerevoli personaggi che animano i tuoi pensieri, per restituire una verità che ormai si è persa nel tempo, ovvero che ogni essere umano è unico e che i personaggi che popolano, dall’interno o dall’esterno, la nostra esistenza, alla fine ci indicano una sola strada, quella di essere uomini e vivere il presente “in compagnia di noi stessi”.
Ecco perché mi sento un po’ Luigino e un po’ Mastro Giuseppe, diviso tra la voglia di vivere la mia unicità e la voglia di “connettermi” all’Universo per andare alla ricerca di nuovi mondi e nuove opportunità.
Ma forse, caro amico, l’esistenza è proprio questo, quel filo sottile che collega Luigino a Mastro Giuseppe, quel filo teso tra l’umanità e l’infinito, tra il presente e il futuro.