Dopo aver letto novelle artigiane mi verrebbe da dire “un libro, una garanzia”.
Inizialmente mi sono approcciata come ci si approccia ad un libro che i professori ti assegnano da studiare, da un punto di vista esterno. Con lo scorrere delle pagine, però, è accaduto qualcosa, mi ci sono ritrovata dentro.
Più andavo avanti e più mi immedesimavo. Mi sono immersa nel libro, mi sono sentita Luigino certe volte, col suo caratterino prepotente e in Jacopo sentivo mio padre, che ogni volta che lo interrompo perde le staffe.
Ho pianto pure, non lo nego, quando nel libro sono stati affrontati temi per me molto personali, come il rischiare di perdere una persona, nel caso della novella un’amica, per un brutto male, un tumore, se vogliamo dargli un nome.
Ho perso la cognizione del “tempo” con queste tre novelle. Mi sono ritrovata a leggerlo anche all’una di notte e quando i miei occhi erano troppo stanchi mi dicevo di no, che non era il momento di smettere di leggere, perché dovevo sapere a tutti i costi come sarebbe finito.
È stata una lezione di vita, un viaggio senza ritorno. Sono molto contenta di averlo letto, e se i miei professori non me lo avessero assegnato e me lo fossi perso mi sarebbe dispiaciuto parecchio.