Lorenzo Polimei
Mastro Giuseppe era andato via.
Erano passati ormai alcun mesi dalla sua scomparsa improvvisa, e anche se un po’ si erano rassegnate, Giulia e Sofia conservavano dentro di sé un briciolo di speranza che prima o poi Mastro Giuseppe sarebbe tornato a casa.
Altri giorni, settimane e mesi passarono con la speranza che qualcosa potesse accadere, mentre intanto la vita continuava il suo corso.
Tra le due amiche, Sofia era quella che ci credeva di più, anche se non lo dava a vedere. Credeva in Mastro Giuseppe, credeva nei suoi insegnamenti, credeva che qualcosa di ancora più grande l’aspettasse.
A volte si sentiva spaesata, però non si disperava, anzi continuava a frequentare la taverna di Tanino e tra bevute, canti e brindisi con gli amici di sempre il tempo passava.
Fu proprio una di quelle sere, mentre seduta al banco aspettava come al solito che si facessero le 22:30 per tornare a casa, che Sofia lo vide avvicinarsi e chiederle se era proprio lei.
“Sì, sono Sofia, e tu chi sei ?”
“Possiamo uscire a fare quattro passi? Dovrei parlarti di una questione importante.”
Era difficile trovare un forestiero da quelle parti, la donna si chiedeva cosa potesse mai volere da lei, ma anche se si sentiva pervasa presa da un po’ di timore la sua curiosità ebbe il sopravvento: “Certo, andiamo”, rispose, e insieme uscirono dalla taverna.
“Mi presento, sono Marco, provengo dal 2040, ho viaggiato fin qui con una macchina del tempo e ..”
“ Aspetta, aspetta, aspetta. Come dal 2040?” lo interruppe Sofia. “Vuol dire che hai viaggiato nel tempo?”
“Esatto, sono qui perché nel tuo presente tra 2 anni mia mamma si ammalerà gravemente e se lei morirà tu dovrai accudirmi e non riuscirai ad intraprendere il tuo viaggio verso Cip.”
“Aspetta!”, esclamò a questo punto Sofia. “Dunque Cip esiste? E poi chi è tua mamma che ancora non riesco a capirlo?”
Mentre mille domande le passavano per la testa la donna non sapeva se credere o no a quello che le stava raccontando Marco, ma del resto com’era possibile che fosse a conoscenza dell’esistenza di Cip? In fondo era stato solo un suo sogno, che lei credeva potesse diventare reale, e a parte Giulia alla quale lo aveva raccontato non c’era nessuno che lo conosceva.
“Si, Cip esiste, ma non ti posso raccontare nulla”. Rispose Marco.
“Ma tua mamma chi è ?”
“Mia mamma è Giulia.”
“Cosa? Giulia tra due anni morirà e lascerà un figlio da accudire a me?”
“Si sono qui per evitare che accada di nuovo tutto questo”.
“Ma come possiamo fare? Io non ne ho la più pallida idea!”.
“Con gli insegnamenti di Mastro Giuseppe e con una molecola che ti ho portato dal futuro, tu sei l’unica persona che può creare quella medicina che salverà mia mamma. Vedi questa è di colore rosso, quando diventerà di colore bianco significa che la medicina è pronta”.
“Marco, io non so davvero da dove iniziare, il Maestro mi ha insegnato tanto, ma io non credo di riuscire a fare una cosa del genere”.
“Se sono qui è perché puoi farcela, ti toccherà cercare nei laboratori più avanzati, la molecola che trovi in questo scatolino esiste solo nel futuro ma ha bisogno di un elemento che si trova qui nel presente per poter funzionare”.
“Quindi mi stai dicendo che non è completa?”, disse a questo punto Sofia.
“Esatto, io non so quale sia quell’elemento ma so che puoi trovarlo. Adesso devo andare, tornerò qui tra un anno esatto, sperando che tutto sia andato bene e che tu sia riuscita a trovare il modo di creare la medicina. Penso sia inutile dirti di non parlarne con mia mamma”.
“Assolutamente, non so se mi crederebbe e in ogni caso si spaventerebbe”.
“Allora a presto, confido in te”.
Sofia tornò a casa senza avere la minima idea di come fare. Cosa
avrebbe fatto il suo Maestro? Come si sarebbe comportato in una
situazione del genere ? Come avrebbe salvato sua figlia?
Erano davvero tante le domande che aveva in testa, non sapeva come fare,
da dove partire, senza contare che se non avesse trovato la cura alla
malattia di Giulia non sarebbe potuta partire verso Cip. Perché sì,
insieme alla possibilità di perdere la sua amica anche questo pensiero
la tormentava.
Trascorsero mesi e mesi, Sofia le aveva provate tutte, si era recata
nei laboratori scientifici più attrezzati del mondo per analizzare la
molecola datagli da Marco, aveva letto casse di libri di scienza e di
medicina, aveva chiesto a scienziati e luminari di ogni paese, si era
stancata davvero tanto ma non sapeva ancora come fare.
Una mattina che aveva quasi perso la speranza notò che la molecola stava
iniziando a schiarirsi, in pratica una sua parte, poco meno della metà,
era diventata bianca.
Non si capacitava di come fosse accaduto, di come fosse stato possibile,
in fondo lei non aveva fatto assolutamente nulla, o almeno credeva.
Decise che comunque era meglio metterla in un posto sicuro, in modo da
non contaminarla, dopo di che iniziò a pensare alla formula magica dello
Zio Matto, magari era quello il modo per far diventare la pillola
completamente bianca e trovare finalmente la cura da dare a Giulia.
Le sembrava tutto così confuso, però decise che avrebbe fatto proprio come aveva visto fare a Mastro Giuseppe, così prese un foglio di carta A4, lo appoggiò sulla scrivania e lo iniziò a modellare in varie parti. Lei non era Mastro Giuseppe e le ci vollero giorni prima di riuscire a fare in modo che la sua miniatura prendesse le sembianze della pillola che le aveva dato Marco. Adesso però doveva trovare le sette parole magiche per far funzionare il tutto, ammesso e non concesso che il tutto potesse funzionare.
L’anno passò e Marco, come aveva annunciato tornò, si fece trovare ancora lì, una sera come tante, alla taverna di Tanino.
“Sofia eccomi, allora cosa mi dici?”
“Marco mi dispiace ce l’ho messa tutta, sono mesi che cerco la formula magica dello zio matto, quando ho pensato fosse l’unico modo per trovare la cura sono andata ovunque a chiedere, a cercare soluzioni. È una formula che lo zio insegnò a tuo nonno quando compì la maggior età ho fatto di tutto per provare a realizzarla, ma mi mancano le sette parole magiche”.
“Capisco Sofia, ma in tutto questo dov’è la molecola che ti avevo lasciato?”
“È a casa, l’ho chiusa in un cassetto e non l’ho più toccata da quando un giorno mi accorsi che un pezzettino improvvisamente aveva cambiato colore”.
“Non sai adesso di che colore è?”
“No, te l’ho detto, è a casa. Se vuoi la andiamo a prendere, in questi mesi non l’ho più presa per non contaminarla”.
“Andiamo subito a prenderla” disse risoluto Marco, quasi come se già sapesse qualcosa.
Quando Sofia la tirò fuori dal cassetto dove l’aveva riposta non voleva credere ai suoi occhi, era tutta bianca.
“Com’è possibile!” “Non ci credo!” prese ad esclamare.
“Io invece lo immaginavo” disse Marco.
“Come lo immaginavi? Dunque tu sai cos’è successo?”
“Penso di sì, credo sia stata la tua forza di volontà a fare il miracolo. Ti ricordi? Ti dissi che nel futuro questo elemento non c’è, infatti è così, nel futuro non sei riuscita ad andare su Cip, hai dovuto accudirmi, hai sofferto per la scomparsa di mia mamma, ti sei abbattuta e ti sei fatta travolgere dagli eventi. Qui nel presente no, hai combattuto, ed è di questo che la molecola aveva bisogno, ha iniziato a cambiare colore grazie al tuo coraggio e alle tue azioni, proprio come avrebbe voluto il nonno”.
“Quindi non abbiamo bisogno della formula magica dello Zio Matto?”, chiese Sofia ancora incredula.
“Credo di no, penso che la formula magica sia rappresentata proprio dalla volontà di ognuno di noi”.
“Che notizia, non me lo sarei mai aspettato, dopo un anno di sofferenza, dobbiamo dirlo al più presto a Giulia”.
“Questo devi farlo tu però” disse Marco, “io non posso farmi più vedere qui. Anche se l’ho fatto a fin di bene, ho già stravolto troppo il corso del tempo”.Sofia buttò le braccia al collo di Marco e sorrise. “Grazie mille per quest’occasione”, disse, “dato che Giulia guarirà potrò andare su Cip. A proposito, ma come faccio ad arrivarci?”
“Questo non posso dirtelo, mi dispiace. Cip è un viaggio personale, ognuno di noi ha la sua Cip da vedere e visitare, e ognuno di noi sa come arrivarci. Grazie Sofia per avermi aiutato a salvare mia madre”.
“Grazie a te Marco, per l’occasione preziosa che mi hi dato”.
Qualche mese dopo, quando iniziarono a comparire i primi sintomi, Sofia disse a Giulia che alcuni sui amici scienziati avevano messo a punto quella pillola bianca sperimentale, l’amica la prese e guarì. Non seppe mai niente di tutta la storia, né da dove davvero venisse la pillola, ma questo non le impedì di guarire completamente.
Adesso, Sofia poté finalmente dedicarsi al suo viaggio. Adesso sapeva che Cip non era solo un sogno, bisognava solo trovare il modo per arrivarci.
Nota di Vincenzo Moretti
Questo racconto di Lorenzo Polimei fa parte del lavoro di riscrittura che ha visto impegnato quest’anno Aula O.